(Zante, 1778 – Londra, 1827)
1802
(1° edizione)
In sintesi: 1797. In esilio sui Colli Euganei (a sud di Padova), fuggito da Venezia, Jacopo Ortis, studente universitario proscritto dagli austriaci come avversario politico, si innamora della giovane Teresa, che però è già promessa sposa ad Odoardo, uomo che lei non ama, ma che è costretta a sposare per volontà del padre. Odoardo appare come uomo molto più affidabile di Jacopo: il signor T***, padre di Teresa, ha deciso il matrimonio tra i due per darle sicurezza economica (che Jacopo non le può assicurare).
Alla fine dell’opera, impossibilitato a raggiungere la felicità, Jacopo si toglie la vita.
Lettera dell’11 ottobre 1797 (Napoleone si incontra con gli Austriaci. Il patto per la cessione di Venezia viene firmato dopo, il 17, ma già da qualche giorno erano note le sue linee essenziali).
Cosa ne pensa Foscolo-Ortis? Che tutto è perduto, la vita non ha più uno scopo dopo tutto quello che è successo.
Seppure ci capiterà di vivere ancora, dice, non ci resterà che piangere su quello che abbiamo e non abbiamo fatto per difendere la Repubblica di Venezia (grave tradimento per tutta la generazione di Foscolo, che aveva esaltato Napoleone).
Ortis è un giacobino, rivoluzionario (come Foscolo).
La realtà è amara, insanabile: Ortis è nella lista di proscrizione degli oppositori politici, da ricercare e incarcerare (magari anche sopprimere).
Jacopo parla con un tu → è Lorenzo Alderani, l’amico che gli ha consigliato di andare a Milano, dove ci sono i napoleonici. E Jacopo dovrebbe andare da chi lo ha tradito? Lorenzo Alderani è vicino alla madre di Ortis, che Jacopo non riuscirà mai più a vedere. Gli chiede, dunque, di consolarla.
Denuncia tremenda verso gli italiani:
Foscolo si ribella a questa situazione, vorrebbe recuperare la grandezza dell’Italia.
(Foscolo è già un risorgimentale, ma prima ancora del Risorgimento)
Compianto → Ortis preferisce morire in patria, piuttosto che andare in esilio. Dopo le sue peregrinazioni, infatti, tornerà lì.
Lettere del 26 ottobre 1797 e del 3 dicembre 1797
Ortis si rifugia sui Colli Euganei, a sud di Padova, territorio sì della Repubblica di Venezia, ma non tanto vicino alla capitale. Vi si trovano ville di campagna che offrono sicurezza ai ricercati politici.
La prima di queste due lettere riflette sull’amore. La bellezza della donna rasserena, cosa che non può essere garantita dalla politica e dalla situazione storica italiana.
Sempre all’immagine della donna sono associate bellezza, arte, pittura, musica. Jacopo ha una specie di colpo di fulmine per Teresa, che conosce durante la sua permanenza qui.
Il padre di lei, il signor T***, prende Jacopo sotto la sua ala protettrice e spesso si assenta, lasciando il giovane e Teresa da soli, incurante del fatto che Jacopo possa amarla. Egli pare sicuro del fatto che Teresa non avrebbe disobbedito alla sua costrizione matrimoniale con Odoardo. (Il cognome non viene esplicitato perché avrebbe potuto indicare a chi Foscolo si riferisse in modo preciso).
La madre di Teresa non c’è: ha lasciato la famiglia, poiché in disaccordo col marito sul destino di infelicità matrimoniale della figlia.
La sorellina di Teresa, invece, affezionata a Jacopo, è una figura che ricorre spesso nelle lettere. Ella si rende conto del rapporto specialissimo che si instaura tra i due innamorati.
Tema del dolore per l’amore per Teresa: da un lato questo sentimento apporta serenità, ma dall’altro gli sarà fatale.
Jacopo afferma che non gli importa di soffrire, perché ormai il dramma si sta già consumando (Il termine fatale nella lettera del 26 Ottobre è una prolessi → anticipazione del suicidio).
Lettera del 15 maggio 1798
É la lettera sull’amore e sulle illusioni.
Pur all’interno della situazione politica negativa, qualcosa è in grado di risollevare l’animo di Jacopo: l’amore per Teresa, donna sensibile, intelligente e bellissima.
Illusioni e mondo classico: si tratta di uno dei rari momenti positivi presenti nell’Ortis.
L’amore dà un impulso alla vita di Jacopo, che ormai è già improntata al suicidio (già implicito fin dall’inizio).
L’incontro con Teresa per un attimo risolleva il suo animo. Quando verrà meno anche il conforto della sua presenza, la delusione della vita sarà totale ed egli si suiciderà.
Jacopo bacia Teresa e ne ottiene un vitalismo straordinario. Tutto diventa più bello: la bellezza stessa della donna rende tutto più bello.
La primavera (maggio) amplifica il sentimento di bellezza fecondatrice dato da questo bacio.
→ Compenetrazione del personaggio con la natura (che sarà poi in contrasto con quanto riportato nella lettera da Ventimiglia, posteriore, del 19 e 20 Febbraio 1799, dove la natura è aspra, con rocce a picco).
La natura qui è idilliaca, perché c’è Teresa. Tutto è bellezza e armonia. La bellezza è ovunque, anche dentro Jacopo, nella sua mente.
Viene celebrata la poesia, che è eterna. L’amore è visto come la grande illusione che si contrappone all’ingratitudine degli uomini, che altrimenti sarebbero in preda agli istinti feroci.
Questo brano è in prosa poetica. Unisce aspetti classici e romantici: ci sono elementi classici e mitologici (vengono nominate Ninfe, Muse…) ed esaltazioni sentimentali. Le Ninfe sembrano venir fuori dalle acque.
Il filosofo si opporrebbe a questa visione: è solo un’illusione. Ma per l’Ortis non tutto lo è. O per lo meno, è un’illusione attiva che gli concede veramente, almeno per un attimo, l’amore, con quel bacio.
I protagonisti di Delitto e Castigo (Dostoevskij) e Jacopo Ortis fanno una fine simile: entrambi danno la morte a qualcuno e poi si puniscono.
Raskolnikov (Delitto e castitgo) si costituisce dopo aver ucciso l’usuraia, perché si rende conto che è la cosa giusta da fare.
Ortis invece commette un omicidio colposo, involontario, senza intento.
Ma il suicidio di Jacopo non avviene solo per il senso di colpa di aver ammazzato una persona. Certo, anche questo influisce, è uno degli elementi ad esso necessari.
Più che altro, egli si uccide per il suo sconforto esistenziale profondo (politico ed amoroso), da cui è consapevole di non aver via di uscita.
Questo non è il primo romanzo italiano, ma è una svolta letteraria.
Ebbe grande successo e grande diffusione, che accostò i lettori italiani al genere epistolare diffuso in Europa (poco in Italia) e al romanzo moderno, per i tormenti interiori del protagonista.
La forma, tuttavia, rimane comunque chiusa nella retorica (poche azioni, pochi fatti, poche sequenze narrative), incentrata sulle riflessioni e sulle idee di Ortis, e nella prosa lirica (che si avvicina alla poesia, dovuta alla sua passionalità).
In alcuni punti si avvicina alla saggistica (riflessione sulla cultura e politica italiana); vi è anche un’eredità della retorica (dopotutto è un lungo monologo, è Jacopo che ci parla di se stesso).
Appare anche come prosa aulica (un po’ ridondante, costruzioni dal latino, subordinate).
Insomma, nonostante le innovazioni è un romanzo destinato ancora ad un élite, che condivide le passioni politiche e letterarie di Foscolo.
La letteratura è ancora destinata ad un pubblico ristretto.
Toscanizzazione → Foscolo crea una lingua che prima non c’era! Lingua non solo poetica o classica, ma prima di tutto moderna. Operazione fortemente innovativa all’epoca.
Stile epistolare → Il libro si compone di lettere che Jacopo Ortis spedisce all’amico Lorenzo Alderani, il quale poi decide di pubblicarle, apponendo in chiusura un ultimo testo che spiega come Jacopo si sia tolto la vita. Testo scritto in prima persona, appassionato. L‘io prorompe.